Onorevoli Colleghi! - L'uso terapeutico dei derivati della pianta cannabis indica è stato oggetto nell'ultimo decennio di un processo di rivalutazione da parte della comunità scientifica mondiale.
      Allo stato attuale, le ricerche scientifiche sugli effetti terapeutici dei derivati della cannabis indica sono tutt'altro che concluse e i loro risultati sono tutt'altro che definitivi. È auspicabile, pertanto, che le ricerche continuino e che si sviluppino anche nel nostro Paese, ma i risultati fino ad ora acquisiti sono già assai significativi.
      I risultati scientifici disponibili documentano una innegabile efficacia di queste sostanze nel trattamento della nausea e del vomito incontrollabile nei pazienti sottoposti a chemioterapia antitumorale: sono stati effettuati numerosi studi clinici controllati che hanno documentato la maggiore efficacia del tetraidrocannabinolo (THC) rispetto alle terapie tradizionali.
      Altro campo di utilizzo in cui vi è una provata efficacia, documentata da numerosi studi clinici controllati, è quello della

 

Pag. 2

stimolazione dell'appetito nei pazienti con sindrome da deperimento causata dall'AIDS.
      A seguito di tali evidenze scientifiche, in parecchi Paesi, tra i quali gli Stati Uniti, il Canada, il Regno Unito, la Germania, l'Olanda, Israele, si è arrivati, già da alcuni anni, all'inserimento nel prontuario terapeutico di cannabinoidi sintetici, liberamente prescrivibili per il trattamento delle patologie sopracitate.
      Vi sono, poi, numerose altre patologie per le quali convincenti evidenze preliminari hanno portato alla progettazione di studi clinici controllati, molti dei quali in corso.
      È il caso della sclerosi multipla, patologia nella quale i cannabinoidi sembrerebbero in grado di dominare gli spasmi muscolari.
      Esistono anche segnalazioni di benefici effetti sugli spasmi muscolari secondari a lesioni traumatiche del midollo spinale.
      I cannabinoidi, in particolare il cannabidiolo, hanno evidenziato notevoli proprietà antinfiammatorie, e sono in corso studi controllati sul loro utilizzo nell'artrite reumatoide, una grave malattia autoimmune che in molti casi diventa seriamente invalidante.
      Un altro campo molto promettente è quello della terapia del dolore, in cui la cannabis indica o i suoi derivati potrebbero proporsi, in casi particolari, come alternativa agli analgesici oggi disponibili, compresi gli oppioidi.
      Una grande attenzione è poi stata dedicata negli ultimi tempi alle proprietà neuroprotettive dei cannabinoidi. Come ha dimostrato un recente studio, cui hanno collaborato anche ricercatori italiani, essi agiscono come potenti agenti antiossidanti, in grado di neutralizzare le sostanze ossidanti nocive che si sviluppano, a livello cerebrale, in caso di trauma cranico o di ictus.
      Questi risultati, ottenuti in laboratorio, hanno avuto una prima conferma da uno studio clinico compiuto in Israele su pazienti con trauma cranico. Futuri campi di impiego potrebbero essere le patologie neurodegenerative, tra cui il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson, ma per queste applicazioni servono ulteriori verifiche cliniche.
      Nei malati di glaucoma, una patologia connotata, tra l'altro, da un aumento della pressione intraoculare che può condurre alla cecità, ci sono numerose evidenze che il delta-9-THC possa ridurre la pressione intraoculare.
      Le proprietà anticonvulsivanti dei derivati dalla cannabis indica sono testimoniate da alcuni studi su animali, nonché da esperienze riferite a malati di epilessia, che testimoniano una riduzione della crisi e del fabbisogno di farmaci. Mancano però, a tutt'oggi, studi clinici controllati di significative dimensioni.
      Il fatto che la cannabis indica sia un efficace broncodilatatore è noto da tempo, ma il suo potenziale utilizzo terapeutico nei processi asmatici è stato sinora limitato dalla mancanza di una via di somministrazione adeguata. Lo sviluppo delle ricerche su derivati assumibili per aerosol potrebbe aprire la strada a questa utilizzazione.
      Merita una segnalazione particolare il possibile utilizzo nella terapia dei tumori. Alla recente dimostrazione dell'efficacia degli endocannabinoidi nell'inibire la proliferazione del tumore della mammella, opera di un gruppo di ricercatori italiani, si è aggiunta la segnalazione di alcuni ricercatori spagnoli, i quali hanno evidenziato come il delta-9-THC, il maggior principio attivo della cannabis indica, sia in grado di inibire la crescita delle cellule dei gliomi cerebrali, una varietà molto aggressiva di tumore cerebrale.
      Infine, pur riconoscendosi la necessità di ulteriori ricerche tossicologiche, non è possibile trascurare il dato empirico della scarsissima tossicità acuta e cronica della cannabis indica: non esistono, infatti, casi di morte documentati, anche a seguito di abuso, e gli studi fino ad ora effettuati su consumatori cronici non hanno evidenziato effetti tossici significativi a carico di alcun organo o apparato.
      L'insieme di queste evidenze ha portato autorevoli istituzioni scientifiche quali la British medical association, l'Institute of medicine della National accademy of
 

Pag. 3

science
(USA) e il Committee of science and technology della Camera dei Lord britannica, a esprimersi favorevolmente rispetto all'uso terapeutico dei cannabinoidi, raccomandando una modifica in tal senso delle normative dei rispettivi Paesi e promuovendo ulteriori ricerche in questo campo.
      Anche la comunità scientifica italiana ha dato il suo autorevole contributo a questo processo di rivalutazione.
      Ma sul piano normativo si deve purtroppo registrare su questo terreno un clamoroso ritardo nel nostro Paese.
      I potenziali beneficiari di questa terapia (alcune centinaia di migliaia di pazienti stando all'evidenza sopracitata) non hanno al momento alcuna possibilità di accedere a queste sostanze attraverso circuiti legali, con il risultato di indirizzare la loro richiesta di salute al mercato nero, notoriamente in mano alla criminalità organizzata.
      La presente proposta di legge si propone di porre rimedio a questa assurda situazione informandosi al pieno rispetto della normativa internazionale, in particolare alla Convenzione unica sugli stupefacenti, adottata a New York il 30 marzo 1961, ratificata ai sensi della legge 5 giugno 1974, n. 412.
      La presente proposta di legge intende, inoltre, promuovere la diffusione di informazioni rivolte ai medici, mirate all'impiego appropriato dei farmaci contenenti i princìpi attivi della pianta cannabis indica, a fronte delle evidenze scientifiche acquisite. Essa intende inoltre facilitare la prescrivibilità dei farmaci a base di cannabis indica, in quanto la normativa attuale, attraverso complicate procedure, non consente di fatto alle persone ammalate la possibilità di fruire dei farmaci contenenti i princìpi attivi della cannabis indica.

      Questa situazione è ormai inaccettabile. È grave che persone sofferenti siano esposte al rischio di subire sanzioni per essersi procurate illegalmente - non avendo altra scelta - una sostanza a fini terapeutici.
      Il provvedimento consentirà l'uso della cannabis indica, sotto rigoroso controllo medico, a persone che versano in gravi condizioni di salute. La sostanza, come già più sopra evidenziato, potrà essere utilizzata per il trattamento di nausea e vomito conseguenti alle terapie antitumorali e anti-AIDS, per la riduzione degli spasmi in pazienti affetti da sclerosi multipla, come stimolante per l'appetito nei pazienti con sindrome da deperimento da AIDS e per ridurre la frequenza delle crisi nei pazienti affetti da epilessia includendo i malati terminali nei casi in cui i trattamenti convenzionali non riescono a dare sollievo.
      L'articolo 72, comma 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, relativo alle sostanze stupefacenti e psicotrope dichiara che «È consentito l'uso terapeutico di preparati medicinali a base di sostanze stupefacenti o psicotrope, debitamente prescritti secondo le necessità di cura in relazione alle particolari condizioni patologiche del soggetto».
      Una disposizione di legge che ammetta di diritto, ma neghi o renda difficoltoso, di fatto, la disponibilità legale di farmaci per persone che soffrono, non è affatto rispettosa del principio personalistico solennemente sancito dalla Costituzione all'articolo 2 e ribadito all'articolo 32, primo comma, dove si enuncia «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo».
      È di tutta evidenza che tale disposizione riconosce come pienamente legittimo il diritto del cittadino ad ottenere realmente farmaci - attraverso canali legali - volti alla cura della malattia, o comunque al lenimento delle proprie sofferenze.
      La presente proposta di legge intende, inoltre, abrogare il reato di cui all'articolo 83 (Prescrizioni abusive) del citato testo unico. In questo modo da un lato si vuole porre una netta distinzione fra l'errore professionale del medico e le fattispecie ben più gravi della produzione e del traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope, che rimarrebbero in vigore. Dall'altro lato si vuole restituire al medico libertà terapeutica, garanzia di prescrizione e dignità professionale, anche nel caso di trattamento oggetto di discussione
 

Pag. 4

scientifica, possibilità che deve essere riconosciuta al sanitario nell'esercizio della propria professione al riparo da eventuali sanzioni.
      L'abrogazione del reato di prescrizione abusiva non mira a fornire impunità per gli errori dei medici, ma intende solamente porre una necessaria distinzione tra l'errore tecnico-professionale del sanitario e la cessione di stupefacenti, condotte che non possono essere sanzionate allo stesso modo.
      La proposta, che apporta una serie di modifiche al citato testo unico, si compone di otto articoli.
      L'articolo 1 promuove una specifica attività di informazione, rivolta agli operatori sanitari, con l'obiettivo di far conoscere l'impiego appropriato di medicinali contenenti i princìpi attivi della cannabis indica.
      L'articolo 2 semplifica, sulla scia di quanto avvenuto per gli oppiacei, le procedure per la prescrizione di tali farmaci.
      L'articolo 3 abroga il reato di cui all'articolo 83 del citato testo unico.
      L'articolo 4 intende rendere concretamente disponibili preparazioni medicinali a base di cannabis indica per i soggetti bisognosi, attraverso l'emanazione di un regolamento volto alla creazione di coltivazioni autorizzate per far fronte al fabbisogno nazionale.
      L'articolo 5 istituisce una commissione di esperti che dovrà redigere un rapporto sullo stato delle conoscenze medico-scientifiche relative ai cannabinoidi naturali di sintesi.
      L'articolo 6 intende sancire il principio dello «stato di necessità medica» secondo cui nel caso un soggetto si sia procurato della cannabis indica per documentato uso terapeutico non può essere soggetto a sanzioni.
      L'articolo 7 modifica l'articolo 26 del citato testo unico prevedendo che i soggetti che possono ricevere l'autorizzazione alla coltivazione dal Ministero della salute possono essere anche enti od imprese.
      L'articolo 8 inserisce nell'attuale Farmacopea ufficiale i derivati della cannabis indica «dronabinol» e «nabilone» contenuti in farmaci acquistabili in numerosi Paesi europei ed extra-europei.
 

Pag. 5